Frattura dello Scafoide
Riabilitazione dopo la frattura dell’osso della mano
Lo Scafoide, conosciuto anche come osso “navicolare” è una delle 6 ossicine che formano il “carpo”, quella parte della mano che si articola con il radio (osso dell’avambraccio) formando il polso. Lo scafoide ha una forma irregolare che può essere paragonata a quella di un fagiolo, e si trova tra il pollice e il radio.
Per capire la sua posizione potete mettere il pollice nella posizione dell’autostop, o del gesto “”ok” con mano chiusa e pollice in alto. Noterete sporgere due tendini alla base del dito, all’interno di quest’area, chiamata tabacchiera anatomica, è situato lo scafoide.
Incidenza, cause e diagnosi
La frattura dello scafoide rappresenta il 90% delle lesioni ossee al polso. Questa alta incidenza è data dal fatto che in caso di forte impatto, come può succedere in una caduta o in un forte impatto della mano a pugno chiuso contro una superficie dura, lo scafoide si trova in una posizione in cui convergono numerose forze esterne. Questo tipo di trauma avviene soprattutto in caso di cadute con il polso in iperestensione.
Il problema della calcificazione
Il motivo per cui si deve porre una particolare attenzione clinica nei confronti di questa lesione ossea, risiede nel fatto che lo scafoide ha un sistema di vascolarizzazione particolare, più precisamente “retrograda”. Questo indica che in una parte dell’osso, quella prossimale ( = che confina con il polso), in caso di frattura, c’è il rischio che giunga meno sangue poiché lo scafoide è irrorato da due piccole arterie che penetrano dal lato opposto, ossia dalla “parte distale” (quella che confina con le dita ).
Il fatto che la parte prossimale dell’osso (verso il polso) sia la zona più soggetta a lesioni e meno vascolarizzata, determina il rischio di un mal consolidamento della lesione ossea e il conseguente sviluppo di una pseudoartrosi (mancata produzione del callo osseo) o addirittura di una necrosi (morte) dell’osso con il rischio di infezioni. Oltre alla lesione dell’osso infatti, in molti casi, si lesionano anche i piccoli vasi che nutrono l’osso, e questo impedisce l’apporto di sangue ed ossigeno nella zona prossimale dell’osso.
“La pseudoartrosi rappresenta uno dei maggiori rischi che susseguono alla frattura dell’osso scafoide. Si tratta di una non consolidazione dell’osso. I frammenti ossei rimangono separati tra loro perché creano solo un callo fibroso che li tieni vicini ma non immobili.
Questo può portare gravi conseguenze per la mobilità e la salute della mano. Per fortuna in Italia e nei paesi Occidentali in generale, il pericolo che una frattura scafoidea possa degenerare in necrosi o in pseudoartrosi è un evento non frequente.”
I sintomi della frattura allo scafoide
- dolore locale;
- gonfiore e a volte ematoma;
- difficoltà / impossibilità di movimento del pollice, della mano e del polso;
- dolore alla compressione.
La diagnosi, oltre ai segni clinici sopra descritti, si avvale dell’esame radiografico in tre proiezioni: postero-anteriore, laterale e semipronata. A volte, per confermare la presenza di una frattura può essere utile effettuare esami radiologici più approfonditi come una tac o/e una risonanza magnetica.
Il trattamento fisioterapico
- Il trattamento varia in funzione del tipo di frattura (composta o scomposta) e della zona ossea in cui avviene, come spiegato in precedenza, la parte prossimale dell’osso ha una ridotta vascolarizzazione e in casi di frattura può andare incontro a processi di necrosi o morte cellulare.
Il Caso clinico di fisioterapiaitalia
Recentemente in uno dei CENTRI FISIOTERAPIA ITALIA abbiamo trattato Giovanni, 32 anni, che a causa di un incidente con la moto ha riportato una frattura allo scafoide.
Per sua fortuna la frattura era molto piccola, si trovava nella parte distale dell’osso (che è quella maggiormente vascolarizzata) ed era composta; quindi non necessitava di un intervento chirurgico. In questi casi si procede con un trattamento conservativo: si immobilizza il polso e la mano per almeno un mese, e, dopo avere effettuato l’esame radiografico di controllo che confermi l’avvenuto consolidamento dell’osso, si può iniziare il ciclo Fisioterapico.
Prima di iniziare la riabilitazione, Giovanni aveva un polso gonfio, con limitazioni funzionali e dolore soprattutto nel movimento di massima estensione. L’obbiettivo del primo periodo di terapie era quello di:
- drenare l’articolazione, utilizzando la tecarterapia e una massoterapia drenante;
- recuperare il range articolare di polso, mano e dita (soprattutto il pollice) con delle mobilizzazioni e con degli esercizi specifici che Giovanni avrebbe dovuto eseguire anche a casa;
- diminuzione del dolore, avvalendoci del Laser ad alta potenza per la fisioterapia e neuromodulatore INTERIX.
Nella seconda fase del ciclo terapeutico:
- con l’IPERTERMIA è stato possibile aumentare il dosaggio di energia da cedere ai tessuti per ottenere una maggiore stimolazione biologica;
- TRAINING RIABILITATIVO: Man mano che diminuiva il dolore e migliorava la mobilità del polso, abbiamo inserito nel percorso terapeutico degli esercizi per migliorare forza nei movimenti della mano (primo fra tutti il gesto della prensione) e del polso.
Gli esercizi consistevano nel eseguire dei movimenti in direzioni specifiche, sia a corpo libero che non delle resistente elastiche. In meno di tre settimane Giovanni ha recuperato completamente la funzionalità del suo polso e è tornato a praticare le sue normali attività lavorative e sportive.
Se avessi subito anche TU una frattura allo scafoide o se soffri di dolore al polso, contatta uno dei CENTRI FISIOTERAPIA ITALIA per prenotare una prima valutazione gratuita, saremo pronti a rispondere alle tue esigenze! Per mantenere in buone condizioni il suo apparato muscolo scheletrico, e per avere un monitoraggio costante della sua schiena anche Giovanni ha scelto di aderire al percorso di fisioterapia preventiva. Giovanni infatti si reca una volta al mese al nostro Centro di Fisioterapia a Roma per effettuare delle sedute specifiche per il suo caso, esercizi funzionali e allenamento terapeutico.